In Occasione della Festa della donna, l’Inail ha pubblicato un approfondimento dedicato all’andamento degli infortuni e delle malattie professionali in ottica di genere.
In linea più generale, la maternità pesa ancora molto sui livelli occupazionali. Come rilevato dall’Istat, nel 2021 il tasso di occupazione tra le donne senza figli, per la fascia 25-49 anni, era del 73,9%, mentre calava al 53,9% tra quelle con almeno un figlio di età inferiore ai sei anni. La stessa dinamica non si verifica tra gli uomini.
Rispetto alla sicurezza sul lavoro, nel 2021, l’80% degli infortuni denunciati dalle lavoratrici è avvenuto in occasione di lavoro, mentre il restante 20% in itinere (tragitto casa-lavoro). Nel quinquennio 2017-2021, la quota degli infortuni in itinere sul totale è stata sempre più elevata per le donne rispetto a quella degli uomini (mediamente 21% contro 11%), anche nei casi mortali (in media, 40% contro 21%).
Un quarto degli infortuni sul lavoro si concentra nelle prime tre ore lavorative del lunedì. Anche gli incidenti in itinere avvengono, nel 50% dei casi, nelle ore mattutine. Nel 2021, l’età media all’infortunio per le lavoratrici è di 42 anni e la classe di età che racchiude il maggior numero di casi è quella compresa tra i 50 e i 59 anni. Tuttavia, nell’ultimo quinquennio, le over 59 rappresentano un terzo dei casi mortali tra le donne.
Nel 2021, i 148 casi mortali femminili segnalati sono 34 in più rispetto al 2017, con un incremento di circa il 30%, ossia quasi il doppio rispetto al +17,3% rilevato per gli uomini.
Aumentano considerevolmente anche le malattie professionali denunciate dalle donne nel 2021 (+23,4%). Il 77,5% delle patologie denunciate dalle lavoratrici è concentrato nella gestione Industria e servizi e il 20,6% in Agricoltura. In particolare, il 64% dei casi interessa i settori dei servizi (sanità e commercio i principali), dove l’occupazione femminile è più elevata.
Le malattie del sistema osteo-muscolare e del tessuto connettivo rappresentano ben il 92% delle malattie denunciate dalle donne (contro il 78% per gli uomini). Come sottolinea l’Inail, tra le criticità correlate, «è ancora raro […] trovare metodi per la valutazione del rischio per l’apparato muscoloscheletrico nei quali vi sia una precisazione di genere».